SCRITTI DI ESTETICA
A cura di: Antonio Zimarino
Entra nella sezione ARTI VISIVE

Se vuoi comunicare con Antongiulio Zimarino: antongiuliozimarino@theorein.it

Lezione 3

Memoria, opere e luoghi

La memoria non è una tradizione né sociale né folcloristica; non è rievocazione: non è neppure celebrazione. Il ricordo appartiene al mondo interiore, la memoria è ciò che dall'interiorità non può essere più separato, disperso o estirpato. La memoria è una sorta di coscienza che ci percorre: sottende ai gesti e ai pensieri, si respira nelle parole, ma non è razionalmente afferrabile. L'umanità stessa è memoria del suo passato, del luogo in cui ha vissuto, dei colori che ha visto e dell'aria che ha respirato. 

La memoria ci attraversa e ci intride senza che delle volte ci rendiamo conto da dove esse ci provenga; una suggestione d'infanzia, una pagina letta, un luogo attraversato una esperienza … 

Un luogo è un generatore di memoria, così un'opera d'arte, una scena: se osservate, condivise, convissute e compenetrate restano in noi e formano la nostra sensibilità, indirizzano i nostri gesti, ci fanno consistere come uomini. 

Un oggetto mantiene in se una memoria di accadimenti sedimentata attraverso il suo vissuto, oppure, nell'opera d'arte, del vissuto e del senso del suo artefice:: quella memoria può disvelarsi a noi perché in noi c'è un'altra "memoria" che la riconosce e che dialoga. Il senso, il significato, l'accaduto rifluisce dalle pietre o dai colori perché in noi c'è un "accaduto", un vissuto che cerca parole e segni per riemergere e farsi nuovamente presenza, oppure in noi riescono a tornare presenti cose e gesti sopiti. 

La memoria contenuta nelle cose è il pretesto per il risveglio della nostra; la nostra memoria è spesso la voce di ciò che non ha voce. Tra noi e le cose esistono relazioni di identificazioni e memorie che a determinate condizioni possono innescare una compenetrazione intellettuale ed emozionale che può svelarci tanto ciò che nelle cose può esserci che ciò che in noi si è raccolto e sedimentato. Queste relazioni tra noi e le cose possono darsi ad una sola condizione. C'è dunque un segreto per trasformare il proprio osservare o il proprio vivere in un "comprendere", il nostro "essere - qui", in una presenza; questo segreto da senso tanto al fare che all'esperire l'arte, da senso ai luoghi e alle strade che percorriamo e alle relazioni che intessiamo. 

Il "segreto" è forse tornare a vivere quella facoltà umana che è tra le più dimenticate e rimosse della nostra attualità esistenziale, ed è allo stesso tempo, la più desiderata e cercata da ciascun essere umano: l'ascolto. 

Solo se ascoltiamo, solo se accogliamo, l'oggetto parla. L'espressione, la comunicazione c'è non se esiste chi comunica ma se c'è chi ascolta e sa ascoltare. L'opera d'arte ha senso se è ascoltata; la storia ha senso se c'è un onesto tentativo di comprenderla: e non c'è fine e limite al comprendere e all'ascoltare, così come non c'è limite alle possibilità della creatività e quindi al dire. 

Cosa ci insegna allora la memoria? Come si può tornare a dargli voce? Che cosa lascia parlare l'anima rappresa negli oggetti, la storia che li ha attraversati, gli uomini che li hanno manipolati? Cosa da voce al senso del fare e del rappresentare? Cosa da senso a ciò che vorremmo dire, alla nostra anima, alla nostra memoria, al più vero che è in noi? 

Perché la bellezza non vive tra noi? Forse anche perché essa stessa non ascolta più ciò che l'uomo vuole, ma gli impone ciò che essa dice di essere. Perché confondiamo la "memoria", l'anima delle cose con i surrogati scenografici e gli imbellettamenti di folclori e rievocazioni? Perché abbiamo paura di ascoltare ciò che essa davvero potrebbe insegnarci. Memoria è strato profondo, dialogo non detto, incontro di attenzioni e di dimensioni vissute e respirate. 

Perché l'arte ha difficoltà a comunicare se stessa? Perché troppe volte non ascolta ma proclama, non osserva ma impone, non dialoga ma sentenzia. Perché non incrocia la memoria, insegue il tempo, non lo aspetta, lo rifugge. O forse è solo il suo contesto che resta veloce, ma l'anima del tempo c'è. Forse non è colpa dell'opera, ma solo di chi non vuol vedere che la dimensione del tempo e della memoria esistono, ci sono, e determinano. 

Forse il senso del comunicare è nella relazione d'ascolto tra memorie, comunione d'anima tra le esperienze: l'arte è ascoltare ed ascoltarsi, è reciprocità e dialogo tra forme e tra le forme con gli occhi; è esperienza personale che dice di se e che vuole intervenire; è capacità di entrare in relazione suggestiva con le memorie individuali e collettive: è la voce della memoria e la sua interpretazione; è un racconto raccontato e un racconto che si scrive con la gente che guarda. L'arte è prendersi tutto il tempo necessario per digerire memoria.


Theorèin - Giugno 2004